Parole intraducibili: tra emozione e terrore del traduttore

Le parole intraducibili: tra fascino e terrore per il traduttore

di Francesca Brotini, guest author, specializzata nella traduzione per il settore del turismo e dei viaggi

Vi è mai capitato di imbattervi in parole intraducibili? Vi siete mai arrovellati su come tradurre una parola straniera senza essere riusciti a trovare un corrispondente adatto per esprimerla nella vostra lingua? Una parola equivalente che avesse esattamente lo stesso significato, la stessa intenzione e la stessa forza espressiva? Se sì, parliamone.

Cosa sono le parole intraducibili?

Le parole intraducibili non sono una sorta di anomalia del sistema, non lo sono affatto. Se una lingua cosiddetta “naturale” non è che il risultato della storia e della cultura del popolo di una determinata area geografica, è solo normale che contenga delle parole così uniche e specifiche. In fondo, le lingue rispondono alla necessità di comunicare e non tutti nel mondo abbiamo bisogno di esprimere le stesse cose nello stesso modo. Anche l’italiano tesoreggia alcuni di questi termini! Alcuni esempi sono menefreghismo o spaghettata.

Personalmente, io amo le parole intraducibili, professionalmente un po’ meno.

Sono parole affascinanti per un’infinità di ragioni, ma soprattutto perché sono ineguagliabili. Spesso è proprio in questi termini che si riscontra l’identità di una cultura, un modo di pensare e una storia diversi. A volte, queste parole ci permettono di scoprire qualcosa di cui non conoscevamo l’esistenza, forse una sfumatura, un oggetto, un pensiero. In effetti, le parole spesso raccontano più di quello che esprimono.

Il punto di vista del traduttore

Professionalmente parlando però, se indossiamo le vesti del traduttore che per definizione si occupa di riportare un testo il più fedelmente possibile da una lingua all’altra, allora tutto cambia e l’ammaliante fascino delle parole intraducibili si disperde nel cosmo. Per un traduttore rappresentano decisamente una spaventosa insidia.

Quindi, cosa dovrebbe fare un linguista per colmare il vuoto lessicale della lingua d’arrivo? Cosa fa un traduttore quando paradossalmente non può tradurre? La risposta è molto familiare a ogni traduttore: “Dipende dal contesto!”.

Come aggirare l’intraducibilità di alcune parole?

In effetti, non esiste un’unica linea d’azione, prima di scegliere la strategia linguistica adeguata e di intervenire, un professionista dovrebbe fare alcune valutazioni. Prima di tutto è fondamentale individuare il problema primario che questa parola intraducibile sta creando, si tratta dell’impatto che deve avere sul lettore? Si tratta di una questione di precisione concettuale? Siamo forse di fronte a un esempio di realia*? Inoltre, è essenziale tenere sempre presente chi è il lettore di riferimento, qual è lo scopo del testo che stiamo traducendo e quale rilevanza e attinenza ha il termine in questione rispetto a questo scopo.

Individuati questi punti fermi, in assenza di un traducente idoneo, la scelta della strategia sarà molto più semplice se non consequenziale. In questi casi il traduttore utilizzerà in parte la tecnica della transcreation, o traduzione creativa, per trasferire l’essenza del concetto originale.

Esempi di strategie adottate dal traduttore

Per aiutarmi nella spiegazione prendiamo ad esempio la parola wanderlust, un termine di origine tedesca utilizzato come prestito anche nella lingua inglese. Usiamo la frase “My wanderlust doesn’t allow me to live and work in a single place for a long time”. Mancando in italiano un corrispondente diretto in grado di rendere con una sola parola le diverse sfaccettature insite nella parola tedesca, le strategie più comuni che può adottare il traduttore sono:

  • la parafrasi, che permette di sostituire il termine con una spiegazione breve e chiara, a parole proprie, direttamente all’interno del testo.

“La mia voglia sfrenata e costante di viaggiare non mi permette di vivere e lavorare nello stesso posto per molto tempo.”

“Mi piace molto visitare nuovi paesi immerso nel luogo e a basso costo.”

  • l’adattamento, che consiste nel sostituire un oggetto o un significato con qualcosa di più familiare;

“La mia smania di viaggiare non mi permette di vivere e lavorare nello stesso posto per molto tempo.”

“Mi piace molto visitare nuovi paesi da saccopelista.”

  • l’addomesticamento, che consiste nell’adattare il termine alla lingua e alla cultura d’arrivo.

“La mia passione per i viaggi non mi permette di vivere e lavorare nello stesso posto per molto tempo.”

“Mi piace molto visitare nuovi paesi zaino in spalla.

  • il prestito linguistico, se il termine non è totalmente estraneo alla lingua e alla cultura d’arrivo, il traduttore potrebbe decidere di mantenerlo invariato, senza tradurlo e talvolta usando il corsivo.

“Il mio wanderlust non mi permette di vivere e lavorare nello stesso posto per molto tempo.”

“Mi piace molto visitare nuovi paesi da backpacker.”

  • la nota del traduttore, ovvero una breve spiegazione del termine, non necessariamente molto approfondita in quanto serve solo a dare un’idea al lettore di ciò di cui si sta parlando.

“Il mio wanderlust non mi permette di vivere e lavorare nello stesso posto per molto tempo.”

Ndt. Termine originario dal tedesco utilizzato per indicare una forte passione per il viaggio, nello specifico esprime la voglia irrefrenabile e costaste di viaggiare.

“Mi piace molto visitare nuovi paesi da backpacker.”

Ndt. Backpacker è un termine di origine inglese e in genere identifica un tipo di viaggiatore munito di zaino in spalla e con il minimo indispensabile. Generalmente cerca di alloggiare in luoghi poco costosi per focalizzarsi sul vivere a pieno il luogo e la cultura del posto.

Attenzione: tradurre wanderlust con la sindrome di Wanderlust non è sempre possibile, ci deve essere uno specifico contesto che lo permetta in quanto non rappresenta esattamente lo stesso concetto. Il primo termine descrive infatti un sentimento nostalgico mentre il secondo definisce una sindrome legata a un aspetto psicologico.

Qualora ci siano più alternative valide e funzionali, la scelta di un traduttore può ricadere su un’opzione piuttosto che su un’altra anche semplicemente per una questione di stile.

In conclusione, le parole che portano un’intraducibilità intrinseca sono una sorta di amore-odio per molti traduttori, imbattersi in una di queste però non ha mai solo lati negativi perché cercare di capirle significa anche aggiungere una perla rara al nostro bagaglio linguistico e personale.

Quali sono le parole intraducibili che ti è capitato di incontrare? Come le hai rese in italiano?

Nota: *https://www.treccani.it/vocabolario/realia

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